Flysurf: è il futuro?
(Marzo '99)

I Francesi, come al solito, dicono che è tutto merito loro e che il flysurf, o kitesurfing che dir si voglia, è obbligatoriamente "made in France", ma il "virus" di questo nuovo modo di surfare sta contaminando numerosi windsurfisti, persino quelli più insospettabili, i puristi del wave, quelli che hanno fatto la storia del waveriding... A Maui il virus ha attecchito violentemente contaminando il fior fiore dei surfisti locali... Sierra Emory, Sean Ordonez, Don Montague... tanto per fare qualche nome, fino ad arrivare persino a Robby Naish, rimasto folgorato dal kitesurfing, tanto che la Naish Sails è in procinto di lanciare sul mercato le vele ed una tavola specifica per il fly surf. Quello che sembrava, fino a poco tempo fa, uno sport complicato ha preso piede alla grande ed anche i più scettici che lo hanno visto all'opera alle Hawaii e che hanno avuto la possibilità di provarlo hanno dovuto cambiare idea: il flysurf è facile e offre sensazioni strepitose... Ma come è iniziata questa nuova avventura? L'idea di unire indissolubilmente il fascino del windsurf a quello del volo libero a Emmanuel Bertin venne nel 1995, insieme ad un'altra leggenda del surf hawaiano, Laird "Waterman" Hamilton. Le prime prove furono fatte con sei Power Kite originali portati dalla Francia, fatti dalla ITV, un'azienda che fabbrica parapendii e che con i suoi prodotti detiene il record mondiale di velocità a vela. Dopo due mesi di pratica a terra, gli attrezzi furono provati su due moto d'acqua, una barca e una delle tavole a vela di Laird. Era una giornata di "kona", il vento tipico delle Hawaii, e gli aquiloni si librarono a più di 50 metri d'altezza proprio all'interno del corridoio di avvicinamento dell'aeroporto di Kahuli: i piloti degli aerei in fase di atterraggio avevano trasmesso alla torre di controllo valanghe di improperi. Per poco gli sperimentatori non finirono in gattabuia. Comunque l'esperimento servì a stabilire che gli aquiloni normali non funzionano in oceano: si imbevono d'acqua, affondano, richiedono almeno un paio di persone per essere armati...e così Manu e soci furono costretti a ritornare alle prove a terra. Tuttavia il principio era valido. In Francia, e precisamente in Bretana, Manu incontra due fratelli, Bruno e Dominique Legaignoux, che hanno brevettato un'ala marina battezzandola con un acronimo: Wipika, che sta per Wind Powered Inflatable Kite Aircraft (..in italiano suona come "aero-aquilone gonfiabile azionato dal vento"). Leggerissimo, impermeabile e perciò gonfiabile, sembra l'agognata soluzione al problema di partire dalla superficie dell'acqua senza assistenti che tengano sollevata la vela. Con la benedizione dei Legaignoux e un prototipo del loro Wipika in valigia, Bertin prosegue per l?Italia dove Roberto Ricci sviluppa per lui un prototipo di tavola a vela appropriato al propulsore inconsueto: lungo 205 cm, largo 37, il ponte fortemente bombato, nasce così l'ibrido Kite Surfer, un incrocio tra una tavola da windsurf (le linee esterne), una da onda (a punta allungata) e uno snowboard (a doppia deriva). Tornato a Maui, Manu Bertin trascorre ore e ore provando e migliorando il suo equipaggiamento. Può anche fare affidamento sulla competenza di Keuth Baxter, della Hawaiian Proline, e il maestro della progettazione Sean Ordonez. Baxter costruisce in fibra di carbonio la barra mediante la quale il kite-surfer comanda l'aquilone: la vela vi è assicurata mediante cavi Spectra, ultrasottili e super resistenti, fino ad allora adoperati dalla NASA; Ordonez ridisegna la tavola e dal suo cantiere esce il primo fly-surf, lungo poco più di 210 cm, con una chiglia progettata per cavalcare le onde, risalire il vento e mantenere il controllo della rotta; l'armamento è costituito da tre vele -rispettivamente di 4,5 5,5 e 8,5 m.q.- che virtualmente consentono al fly surfer di affrontare qualsiasi condizione di vento e di mare, dalla calma piatta alle raffiche da 30 nodi. A questo punto Manu Bertin diventato testimonial "Sector No Limits" decide che è venuto il momento di tentare la traversata del braccio di mare che separa Big Island dalla mitica Maui. La tavola shapata per questa grande impresa è lunga 215 cm e larga 48, di forma "pin tail". Single fin (con una sola pinna stabilizzatrice) è costituita da un doppio guscio di poliestere colmato di schiuma poliuretanica, ed è stata realizzata a mano da Sean Ordonez su specifiche dell'atleta.

 

L'impresa: le 12.30 di una giornata radiosa di giugno '98. Ma non c'è niente di men che normale: siamo alle isole Hawaii, cinquantesimo degli Stati Uniti d'America, dalle parti del Tropico del Cancro nel bel mezzo dell'oceano Pacifico, e qui le giornate sono quasi tutte e quasi sempre radiose. Qualcosa di men che normale sta avvenendo in mare, nelle acque naturalmente azzurre che lambiscono la Upolu Point, affacciata sull'oceano all'estremità nord-occidentale della Big Island, l'Isola Grande, come qui chiamano che dà il nome a tutto l'arcipelago. C'è un tale con un windsurf, e l'attrezzo non ha albero, né boma, né vela, ma non è un surf da onda, é proprio un windsurf, e a farlo procedere sulla superficie liquida provvede una vela che è un cervo volante, sì, insomma: un aquilone. L'uomo sul windsurf speciale è francese, ha 35 anni, si chiama Emmanuel Bertin. Ma da quando è qui, in questo gioiello tropicale americano, preso atto di quel ch'è capace di fare con una tavola e una vela, i nativi lo hanno ribattezzato Manu: che sembra un diminutivo del suo nome, ma nella lingua antica delle Hawaii significa "Uccello". L'uomo-uccello (una fregata? Una sula? Un albatro?) affronta con la sua tavola (215x48 cm) il braccio di mare che separa Big Island da Maui. Trenta miglia marine, 56 chilometri, niente di straordinario a prima vista. Sennonché da queste parti, in pieno oceano Pacifico, con i venti che imbizzarriscono deviati dalle alte cime dei vulcani coperti di foresta lussureggiante, la violenza delle correnti che trasferiscono la prepotenza del mare attraverso l'imbuto di terra che divide le due isole, a fare la traversata con una tavola a vela normale e sperimentata nessuno ci aveva mai provato. Figurarsi con un attrezzo così sperimentale, qual è il flysurf che lui stesso ha concepito, inventato, messo a punto. Salpa, Manu, sulla sua nave bizzarra che avanza spinta o risucchiata dall'aliseo del nord-est, un vento fresco e costante che spira sui 20 nodi di velocità, un po' più di 37 km/h; l'onda da sud s'ingrossa, fino a 2 m d'altezza, si incrocia con le onde che il vento spinge nella sua direzione di marcia; la vela inconsueta (5 metri quadrati di superficie) fa per intero il suo dovere. A metà della traversata la forza del vento cala vistosamente, non più di 10-12 nodi. Manu è obbligato a uno sforzo incessante e affaticante per manovrare l'ala portante e farle generare tutta la potenza necessaria. Avvicinandosi alla meta il vento torna ad accelerare, si dà slancio sulla parete alta 3.400 m del vulcano Haleakala che domina con la sua imponenza il paesaggio dell'isola di Maui. Ora colpisce la vela alta nel cielo con raffiche di 25 nodi. Meglio così, adesso Manu riesce davvero a far volare la sua tavola, con spunti repentini oltre i 32 nodi, 60 chilometri l'ora, che sono davvero tanti. Pure le onde avvertono gli effetti del vento rinforzato e s'alzano addirittura oltre i 3 m. L'atterraggio a Maui è grandioso: il tempo magnifico, il vento forte, le onde che si infrangono sulle colate di lava dell'Halleakala divenute nere scogliere. Manu prende terra in un angolino desolato della costa sud dell'isola e fa fermare i cronometri: un'ora e 45 minuti, alla media di 17,2 nodi, con punte di 31,7. Fisicamente sta bene, anche se la gambe tenuta verso poppa durante tutta la navigazione manifesta con un dolore diffuso l'eccesso di fatica sopportata. E allora riprende il mare, scivola veloce al cospetto della costa, alla base delle onde blu che si fanno spruzzi bianchi frangendosi contro le falesie di lava. Finalmente, dopo un'altra ora e un quarto (e così sono tre le ore trascorse senza mai discendere dalla tavola), l'arrivo.


Testo by Nino Cafiero - Photo © by Peter Sterling - Jono Knight

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